Friday, July 23, 2010

Come si dice giornata del cavolo?

"Giornata del cavolo vuol dire tutto e niente. Vuol dire che l’unica cosa che avresti viglia di fare è metterti lì nel tuo angolino con il ventilatore, piangere in santa pace, sfunarti una vaschetta di gelato e via ricominciare. Ma non puoi. Non puoi per due ragioni. La prima è che è sto cazzo di caldo inumano che il mio corpo non è fatto per sopportare, ciò significa che se mi metto a piangere mi vengono 10 giorni di congiuntivite e occhi a palla che sembra che m’han menato di brutto, tag di risposta #mavaiancheaffanculo (era caldo anche quel venerdì, ma non così tanto, c’era dell’aria che rendeva il tutto respirabile, sempre che si potesse definire respirabile il tutto, cosa che non credo proprio). La seconda è che le vaschette del gelato sono da 500gr, ora visti i 30 e abbondanti gradi in 120secondi della vaschetta non rimarrebbe che una poltiglia dal color fango, altro tag #malimortaccidelcaldo. Ergo, l’unica l’unica cosa che mi andrebbe di fare non la posso fare. Mi ritrovo quindi ad essere un estoplasma interiormente isterico che fa le cose che il mondo si aspetta che faccia ma guardandole con talmente tanto distacco che non sembra sia realmente io che le stia facendo. Come nelle serie quando c’è il tale sul lettino e siamo alla fase “carica a 360” “libera!” e c’è lo pseudofantasmino del soggetto che vede tutto dall’alto, something like that. [...] E a me già sta cosa mi pare uno sforzo che boh, tanto c’è l’ectoplasma. Così oggi è tutto un corri corri, organizza quello quell’altro, mi son sparite le scarpe ecc. Da un lato avere troppe cose per la testa mi aiuta a non pensare, non è mica vero, al massimo ti aiuta a non avere tempo di pensare solo a quello. Vorrei solo che qualcuno mi anestetizzasse così potrei riposare che dormire sì, ma riposare ciao. E magari mi sveglierei in Islanda, o Irlanda, fa un po’ lo stesso. Che poi magari mi verrebbe voglia di piangere pure lì, ma almeno sarebbe fresco."